La navigazione in incognito di Google non era poi così privata. Questa significativa conclusione sancisce la svolta della causa collettiva da 5 miliardi intentata a Google nel 2020 in California. Dopo 4 anni di battaglia legale, si è concluso che Google dovrà cancellare miliardi di dati. Questi pare fossero raccolti in maniera non molto trasparente per misurare il traffico web con lo scopo di vendere annunci pubblicitari altamente targettizzati.
L’accordo raggiunto non prevede direttamente risarcimenti economici. Tuttavia permette agli utenti che si sono sentiti danneggiati di intentare ulteriori cause al colosso del web.
L’importanza di questa causa è la creazione di un precedente che rischia di aprire un vaso di Pandora: «questo accordo è un passo storico per richiedere alle aziende tecnologiche dominanti di essere oneste nelle loro dichiarazioni agli utenti su come le aziende raccolgono e utilizzano i dati degli utenti, e di cancellare e rimediare ai dati raccolti». Queste le dichiarazioni di David Boies, l’avvocato impegnato nella class action.
Andiamo a vedere meglio qual è stato il cuore del problema e in cosa consiste l‘accordo per chiudere la causa senza ulteriori procedimenti.
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Il cuore del problema: la navigazione in incognito Google era ambigua
Infatti il cuore del problema sembra proprio che stia nel nome della navigazione in incognito Google. Nonostante diversi avvertimenti ben noti e visibili sulla pagina iniziale, pare che i dati degli utenti venissero comunque registrati. Per questo si può affermare senza esagerazioni che la navigazione in incognito Google non era completamente privata.
A dimostrarlo c’è una mail di Lorraine Twohill (responsabile marketing) al CEO Sundar Pichai: «Fa in modo che la modalità Incognito sia davvero privata. Siamo limitati nella forza con cui possiamo commercializzare Incognito perché non è veramente privato, quindi richiede un linguaggio davvero confuso e di copertura che quasi ci danneggia».
Questa prova è stato un cavallo di battaglia della class action. Infatti è piuttosto rilevante che la questione fossa risaputa e discussa internamente.
L’accordo per chiudere è tutta una questione di cookie
La causa quindi sostiene che il colosso web ha violato la privacy degli utenti e che la navigazione incognito Google sia intenzionalmente ingannevole.
L’accordo per evitare ulteriori procedimenti prevede il blocco dei cookie di tracciamento di terze parti nella navigazione in incognito Google per i prossimi 5 anni. A questo l’azienda risponde: «Siamo felici di cancellare i vecchi dati tecnici che non sono mai stati associati a un individuo e non sono mai stati utilizzati per alcuna forma di personalizzazione».
Una dichiarazione distensiva e propositiva. Nonostante questo già diversi utenti che si sono sentiti violati stanno approfittando del diritto di intentare ulteriori cause a Google. Per adesso un punto di svolta c’è stato.
Staremo a vedere ulteriori sviluppi e noi di Kilobit non mancheremo di aggiornarvi.