Lanciato nel 2015, Google AMP è nato per migliorare la velocità di caricamento delle pagine web su dispositivi mobili. Quindi parliamo della soddisfazione di un’esigenza sempre più cruciale nel contesto odierno, dove l’uso del mobile è sempre più significativo.
Infatti, secondo il rapporto Digital 2024 di We Are Social, il numero di utenti unici da mobile ha raggiunto 5,61 miliardi, rappresentando il 69,4% della popolazione mondiale. Questo dato evidenzia un incremento di 138 milioni di utenti rispetto all’inizio del 2023.
Alla luce di ciò capiamo la necessità di una soluzione come Google AMP.
Adottata inizialmente da grandi editori e piattaforme di news ha promesso esperienze di navigazione più rapide, ottimizzate per gli utenti in movimento. Tuttavia, negli ultimi anni, abbiamo assistito a un progressivo declino della sua popolarità, con molti siti che scelgono soluzioni alternative per migliorare le performance senza fare compromessi su personalizzazione e controllo.
Per capire meglio questo fenomeno, esaminiamo le criticità di Google AMP, il ruolo delle ultime tecnologie nel migliorare l’esperienza utente e la loro capacità di offrire prestazioni elevate senza sacrificare il branding e la privacy.
Le criticità di Google AMP
In seguito a un certo successo di Google AMP, chi lo ha adottato ha iniziato a percepire diverse limitazioni da cui consegue il declino di utilizzo che descriviamo.
Innanzitutto Google AMP centralizzava i contenuti sui server di Google, conferendo all’azienda un maggiore controllo sui contenuti web. Questo ha sollevato preoccupazioni, specialmente tra gli editori che vedevano ridotto il controllo diretto sulle proprie pagine.
Il framework AMP imponeva l’utilizzo di una versione ridotta di HTML, HTML AMP, limitando funzionalità e personalizzazione. Queste restrizioni hanno portato molte aziende a chiedersi se AMP fosse compatibile con un design inclusivo e orientato all’esperienza utente, elementi sempre più fondamentali nella comunicazione moderna.
Infine, poiché le pagine AMP spesso apparivano nel formato “Google AMP”, alcuni utenti percepivano i contenuti come appartenenti a Google, con un impatto negativo sulla visibilità del brand originario.
Il ruolo dell’esperienza utente e il Core Web Vitals
Con il passare del tempo, un approccio più olistico alla velocità e alle performance dei siti web ha surclassato l’importanza di Google AMP.
E per rispondere Google ha introdotto il Core Web Vitals.
Parliamo di un insieme di metriche che misurano l’esperienza utente in termini di velocità di caricamento, interattività e stabilità visiva. Grazie a questi nuovi parametri, i siti possono ottenere ottime performance senza dover necessariamente adottare AMP.
Gli sviluppatori, così, sono in grado di ottimizzare il caricamento delle pagine e migliorare l’interazione con l’utente in modi più personalizzati.
Le alternative a Google AMP oggi
Oltre il Core Web Vitals spiccano framework alternativi e nuove tecniche di ottimizzazione che permettono di ottenere performance elevate senza dover dipendere dall’infrastruttura di Google.
Una delle alternative più efficaci a AMP è rappresentata dai framework JavaScript e CSS moderni come React e Vue.js. Questi strumenti consentono di sviluppare interfacce utente interattive e veloci, garantendo al contempo un elevato grado di personalizzazione.
Tra le nuove tecniche di ottimizzazione invece troviamo il lazy loading, per il caricamento delle immagini solo quando necessarie, la compressione dei file e l’ottimizzazione di JavaScript e CSS.
Infine, molte aziende stanno adottando le Progressive Web Apps: una tecnologia che combina l’efficacia del web con le funzionalità delle app native, di cui Kilobit vi parlerà nella prossima puntata…