Ovviamente non funziona proprio così. Ma sappiamo che lavorare da casa ha una serie di vantaggi e di libertà che ci si possono ritorcere contro. Vivere e lavorare nello stesso spazio, infatti, con la libertà (e illusione) di gestire ogni ora come vogliamo, può portarci dritti verso la sovrapproduzione (a discapito di altro), la goblin mode, il brainrot (se ogni volta che stacchiamo il cervello ci annichiliamo troppo sui social) o il burnout.
Oggi guardiamo la questione da un punto di vista basato su ricerche e sull’esperienza di vita di alcuni professionisti del nostro network – me compreso – che possono avere difficoltà a lavorare da casa e online in maniera sana. Ovvero mantenendo un equilibrio psicofisico e sociale, tra la realtà fisica e quella digitale. Le quali, sempre di più, si mescolano.
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Quando lavorare da casa diventa una trappola
Lavorare online da casa, da un coworking o da un caffè, ci regala libertà in forme che prima non c’erano. Anche se diffuso, è ancora una novità. In molti contesti, è una rarità e un privilegio. Infatti c’è chi deve timbrare il cartellino in un ufficio, chi se ne deve stare tutto il giorno ad attendere nel proprio negozio, chi si deve spaccare la schiena in un cantiere sotto il sole… onestamente è proprio una fortuna poter lavorare da casa. E io personalmente lo preferisco.
D’altra parte (e chi lo fa lo sa bene) lavorare da casa online ha i suoi rischi. La possibilità di organizzare tutto secondo i nostri ritmi si scontra con la tendenza a non staccare mai davvero. E quindi, per alcuni:
- nessuna pausa pranzo vera,
- niente fine giornata,
- messaggi di clienti e collaboratori fino alle dieci di sera,
- mai una reale disconnessione.
Quando tutto si può fare in qualsiasi momento, spesso finisce che lo si fa sempre.
E la sovrapproduzione, ci fa accumulare stanchezza, isolamento e cattivi abitudini.
Occhio a non trasformarti in un goblin!
Ecco che si può affacciare la goblin mode: una fase di trascurezza (e spesso anche di scarsa igiene) in cui ti rifugi nel comfort del disordine, del cibo spazzatura e della disconnessione da te.
Si tratta di un pattern comune, che si presenta in piccole e grandi forme, e che di fondo indica del malessere. E questo non si vede solo dalla rinuncia a occasioni sociali o all’attività fisica o alla sana alimentazione o alla cura del proprio aspetto. Ancora più a monte, si rinuncia a quelle pratiche quotidiane banali, che eppure hanno un’influenza importantissima sulla nostra salute psicofisica.

Il ruolo delle microattività nella salute psicofisica
A meno che non ci siano condizioni di competenza medica:
- cucinare invece di ordinare su Glovo,
- lavare i piatti invece di lasciarli accumulare,
- uscire per fare la spesa invece di aspettarla a casa,
- pulire e ordinare la propria stanza,
- o innaffiare una pianta,
sono tutte pratiche che possono salvarti dal burnout. Perché ti permettono di staccare dallo stress. Perché ti ancorano al presente, lontano dalle proiezioni delle tue ambizioni, dei tuoi desideri, delle tue speranze, delle tue ansie, delle tue paure e di tutte le altre aspettative.
Quando la mente corre tra deadline, task da chiudere e messaggi a cui rispondere, queste microattività ci permettono di rallentare e ritrovare contatto con la realtà fisica.
Impastare, tagliare la verdura, lavare i piatti, passare l’aspirapolvere… sono semplici esempi di pratiche che hanno un effetto simile alla meditazione. Ci restituiscono il ritmo del corpo e abbassano la soglia dello stress.
Creano una routine domestica – anche minima – che diventa cura di sé.
Diversi studi confermano i benefici psicofisici delle microattività
Pratiche quotidiane e apparentemente banali non ci danno solo l’illusione che ci stiamo prendendo cura di noi. I benefici non sono semplice frutto di convinzioni soggettive. Ci sono evidenze che dimostrano miglioramenti del benessere mentale. A mostrarle e argomentarle, ci hanno pensato varie riviste scientifiche internazionali, autorevoli e peer-reviewed:
Meta-analisi del National Institutes of Health
Uno dei più importanti enti pubblici di ricerca biomedica al mondo ha svolto una meta-analisi ospitata su PubMed Central (un altro “nessuno”) nella quale ha raccolto 11 studi sulle cosiddette cooking interventions, ovvero pratiche di cucina schedulate e regolari. Risultato? Miglioramenti significativi in autostima, ansia, umore e relazioni sociali.
Lo studio pubblicato da Frontiers in Psychology
Rivista peer-reviewed tra le più citate in psicologia, ha pubblicato uno studio che dimostra come pulizie e piccole faccende domestiche siano correlate a un aumento del benessere emotivo: questo perché favoriscono il senso di controllo e la presenza mentale, due elementi chiave per la regolazione dello stress.
Studio di Nutriens
Altra importantissima rivista scientifica nel campo salute e nutrizione, ha valutato l’effetto di cinque workshop culinari su pazienti con disturbi psichiatrici. Questi hanno riportato riduzione di tristezza e stanchezza, aumento della speranza e del senso di autogestione.
BMJ Open
Una delle testate mediche più autorevoli al mondo, in uno studio compiuto in ambito geriatrico ha associato le attività domestiche quotidiane a migliori indicatori di salute mentale, fisica e ridotta mortalità.
Quindi cucinare, lavare i piatti e sistemare casa non sono solo faccende
Ma sono strumenti efficaci per migliorare la concentrazione, l’umore e la resistenza psicologica. Esattamente ciò di cui hai bisogno per lavorare da casa online. Per affrontare le scadenza, le lavorazioni, i contatti, rapportandole equilibratamente alle tue idee, al tuo spazio personale, alle tue necessità primarie e a tutto ciò che non è lavoro.
Il tempo che sembri perdere a cucinare e lavare i piatti ti fa lavorare da casa meglio
Ogni minuto che non è dedicato al lavoro è tempo che viene portato via al lavoro?
Nah…
Il cervello non è mica una macchina. Per rendere meglio ha bisogno di intervalli, stimoli diversi, fasi di decompressione. Che non significa scrollare sui social e rincoglionirsi due ore per “rilassarsi”. Quando ti prendi il tempo di preparare un pasto invece di ordinare l’ennesimo delivery, non stai solo nutrendo meglio il tuo corpo: stai allenando la tua presenza mentale, la capacità di staccare e di rientrare nel flusso lavorativo con energia nuova e prospettive più ampie.
Il paradosso è che queste pause, all’apparenza improduttive, migliorano la qualità del lavoro da casa.
Ne abbiamo parlato anche nel nostro approfondimento su come si progetta una user experience: creare esperienze efficaci richiede lucidità e ascolto, che parte da come viviamo, non solo da cosa produciamo.
Per lavorare da casa meglio non servono estremismi e soluzioni da guru
Restare in pigiama per giorni e mangiare davanti al computer schifezze ordinate può essere bello ogni tanto, specialmente se in parallelo lavori e produci come un drago. Pure saltare le docce “perché tanto non mi vede nessuno”. Non succede niente lì per lì, ma più lo si fa più diventa abitudine. E queste abitudini rischiano di portarci a uno stato di degrado funzionale mascherato da efficienza… come se fosse necessario stare peggio per lavorare meglio da casa.
La libertà che ci dà il lavoro da casa va mediata con la necessità di ritrovare contatto con faccende semplici e apparentemente improduttive.
Magari il titolo di questo articolo non è solo ironico.
Magari cucinare e lavare i piatti potrà aiutarti sul serio a lavorare meglio da casa… anche se sembra uno scherzo.