Il social media manager è una delle professioni più recenti, diffuse e incomprese del marketing digitale. I tuoi problemi finora sono stati trovare clienti, rapportartici, gestire le loro aspettative, sconfiggere la sindrome dell’impostore e dover far capire a nonno Sergio che lavoro fai?

La questione tra l’altro ormai non è più se l’intelligenza artificiale entrerà nel lavoro dei social media manager: ma fino a che punto può farlo da sola. Quindi rappresenta davvero un attacco a te che ti sei dovuta scervellare per capire algoritmi, esercitare creatività, empatia e senso del contesto?
I tecno-utopisti che pregano davanti agli altarini dell’efficienza sono tutti contenti. Al contrario, chi non accetta e non si fida dell’intelligenza artificiale, ha già il mal di stomaco. Ed entrambi provano queste sensazioni prima di aver riflettuto davvero sulla domanda.
Ma qui noi crediamo poco negli estremi.
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L’IA sa davvero fare il lavoro dei social media manager?
Se guardiamo solo il lato operativo da un punto di vista meccanico, la risposta potrebbe sembrare positiva. Infatti l’intelligenza artificiale può già:
- generare caption con diversi toni di voce per diversi target,
- suggerire hashtag pertinenti,
- analizzare trend per ogni piattaforma social,
- creare immagini e video ottimizzati,
- schedulare i contenuti nelle fasce orarie più performanti.
Gli strumenti per eseguire questi compiti sono già numerosi, veloci, economici e accessibili.
Ma il lavoro del social media manager non è solo quello di eseguire compitini
Anzi: spesso è la figura che dirige il lavoro di copywriters, content creators e via dicendo. L’IA può apparire creativa e contestuale, ma è solo un’illusione.
Di fatto non sa nulla e non interpreta criticamente ciò che ha intorno. I modelli di intelligenza artificiale infatti sono addestrati su miliardi di dati ed è la nostra domanda (il prompt) a evocare questa o quella risposta.
Quindi l’IA non gestisce nulla in autonomia
Se usi IA e non la gestisci, è folle pensare che sia lei a gestire te. Semplicemente stai facendo il tuo lavoro a casaccio. Piuttosto sei tu che la gestisci, anche quando non te rendi conto, perché in base alle domande che poni e come personalizzi i modelli, avrai le risposte che ti servono… considerando gli errori, le imprecisioni e le approssimazioni che con l’IA sono sempre dietro l’angolo.
Quanto si sta usando l’IA nel social media marketing?
Secondo un’indagine di HubSpot del 2024, il 53% dei marketer (inclusi social media manager) utilizza strumenti IA per creare contenuti social e il 67% li impiega per analisi performance. Anche l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano in qualche modo conferma, segnalando una crescita costante dell’adozione di strumenti di IA per la gestione dei social, soprattutto tra le PMI che vogliono farsi tutto in casa e risparmiare.
Ma esempi ne troviamo pure tra grandi marchi internazionali.
Cosa hanno fatto Prada e BMW
Prada infatti già due anni fa ha collaborato con Meta per implementare chatbot IA su Messenger e Instagram per assistenza personalizzata durante eventi e lanci di collezioni. Il bot consigliava prodotti, rispondeva a domande e indirizzava agli e-commerce ufficiali.
BMW in alcuni veicoli ha integrato un’assistente vocale basato su intelligenza artificiale, che apprende abitudini e preferenze del pilota. Ma c’è molto di più: il gigante automotive ha deciso di usare avatar IA per video promozionali e copywriting generato da modelli linguistici per campagne social internazionali.
Ma dietro c’è sempre lo zampino dei social media manager?
Ovviamente. Questi utilizzi ci possono impressionare, ma sono i social media manager ad avere avuto le idee. O quantomeno, a porre le domande giuste per trarre ispirazione e finalizzarle.
E se questo non possiamo stabilirlo con assoluta precisione, sappiamo che sono i social media manager a gestire il lancio delle campagne e le risposte che queste hanno suscitato.
I social media manager quindi hanno supervisionato strategia, toni, pubblicazioni, interazioni e monitoraggi: alla luce di questo dire che l’IA li abbia sostituiti solo perché è stata utilizzata, è scorretto.
L’IA sa davvero comunicare alle persone come farebbe una social media manager?
Una social media manager non si limita a postare contenuti e a pianificarli: ascolta, interpreta, risponde, verifica. Un utente insoddisfatto, un commento ironico e una battuta ambigua sono tutte situazioni in cui il tono conta quanto le parole. Se non di più. E qui l’IA ha dei grossi limiti.
Le IA generative possono imitare uno stile comunicativo (se viene loro chiesto e specificato come) senza però capire il contesto sociale, culturale e linguistico.
Quindi l’IA può pure parlare (se viene interrogata) ma non ha la minima idea di quello che dice. E per chi si affida alla cieca ai modelli, diventa anche indistinguibile capire quando sta sbagliando o no.
L’empatia non è programmabile, così come non lo sono tutte le sfumature incluse nell’ascolto e nell’osservazione. Sì, perché la social media manager, prima di comunicare, ha osservato, ascoltato ed elaborato combinando i dati alla propria conoscenza umana delle persone, del cliente e del brand per cui lavora.
Il ruolo del social media manager quindi non sta sparendo
L’errore più comune che si fa ogni volta che confrontiamo le capacità dell’IA alle professioni digitali, è pensare che i professionisti saranno tutti indistintamente sostituiti e in tronco.
Invece, come è sempre nel campo dell’innovazione tecnologica, i ruoli cambiano e ne nascono di nuovi. Se prima il social media manager doveva passare ore a inventare di sana pianta campagne comunicative e a curare i suoi aspetti sia nel pratico, sia nel coordinamento operativo, oggi molte task automatizzabili se le riesce a togliere di torno in una frazione del tempo necessario.
Questo non annichilisce necessariamente il ruolo del social media manager e nemmeno dovrebbe demonizzare le intelligenze artificiali.
Come tutti gli strumenti, anche l’IA assume tante facce quanto sono gli utilizzi che le persone decidono di adottare.
Nei casi più equilibrati, i modelli di intelligenza artificiale sono degli assistenti virtuali: né più né meno.
Senza la supervisione umana, l’intelligenza artificiale è rischiosa
L’IA non ha capacità astrattive reali, perché non ha coscienza. Un essere umano, con la sua immaginazione e con il suo intuito, può andare oltre le apparenze. Può vedere opportunità dove c’è un problema. Un social media manager umano, con la risposta giusta, può trasformare un commento negativo in un vantaggio. Invece un bot automatizzato risponderà in maniera così gentile e asettica da diventare irritante: come si dice? L’indifferenza è il maggior disprezzo.
Insomma, per farsi un autogol clamoroso a livello di reputazione e immagine, basta che una manciata di follower sentano odore di macchina. Ricevere una risposta da un’IA può far sentire la persona un consumatore come tanti: la fa sentire come se avesse sprecato il suo tempo, le sue energie e le sue emozioni lasciando il commento.
E chi si sente così ti abbandonerà e/o parlerà male di te: sarai in grado di placare l’ondata?
È meglio che sbagli un umano o un’IA?
Il prospetto posto finora non esclude che un bot possa essere addestrato a dare risposte personalizzate, magari più leggere, ironiche, costruttive, che magari potrebbero sorprenderci positivamente per quanto azzeccate e ben percepite dai follower.
Ma il gioco non vale la candela, perché ogni volta l’IA potrebbe fare una cavolata fatale. Anche tu potresti farla, sicuramente. Anche il tuo stimato social media manager potrebbe farla.
Tuttavia è molta diversa la percezione di un brand che sbaglia comunicazione perché hanno sbagliato le persone che ci sono dietro, rispetto a quella di un brand che ha permesso a un’IA di dare risposte inappropriate ai follower.
Da una parte abbiamo l’errore umano in cui tutti (potenzialmente) si possono riconoscere. Dall’altra abbiamo l’immagine di te che ti sei affidato a una macchina e ti hanno beccato con le mani nel barattolo di marmellata: adesso come glielo spieghi a tutti che il resto di quello che comunichi non è artificiale?
Quindi, no: l’IA non può soppiantare i social media manager
Dire che l’IA sostituisce i social media manager, è come dire che un GPT personalizzato possa fare l’Amministratore Delegato di un’azienda solo perché può attingere a un database enorme, analizzare dati alla velocità della luce e fare rapide ricerche in tempo reale.
Un’assurdità, considerando che nessuna IA al momento è autonoma.
Quindi oggi il social media manager ha a disposizione strumenti molto potenti, che possono essere vantaggiosi solo se utilizzati con cognizione, saggezza e in combinazione alle proprie competenze. C’è poco da fare: usare l’IA non è sempre la via corta, anche se sembra dal momento che riduce i tempi di alcune mansioni.
E a rimetterci non è il social media manager di per sé, ma chiunque svolge la sua professione come fosse una macchina… e in quello – mi dispiace – l’IA ci batte tutti a mani basse.