content creator non sa se è nemica dell'AI o no

L’AI è una minaccia reale per il content creator?

Sei un content creator che ha paura di perdere il lavoro per colpa dell'AI? O sei il suo ex cliente che oggi si fa ogni contenuto con l'AI? Parliamone tutti insieme.
25 Luglio 2025

L’intelligenza artificiale generativa sforna contenuti più velocemente di un content creator e in molti casi è gratis. Possiamo rigirare la frittata come vogliamo: in termini di rapidità, di convenienza economica e di disponibilità oraria, l’AI è imbattibile da qualsiasi essere umano che generi contenuti di professione: quindi il content creator è sempre meno necessario?

ragazza gen z content creator sopraffatta da quantità contenuti
Immagine generata con Gemini

La velocità, la convenienza economica e la continua disponibilità sono tutto quello che conta nella generazione di contenuti che funzionano e che arrivano veramente al target desiderato? L’AI è in grado di elaborare strategie e di realizzarle in modo che comunichino veramente con gli esseri umani a cui sono destinati i contenuti?

L’AI può sostituire davvero i content creators? E quali?

Il content creator è sempre meno necessario?

Sulla carta potrebbe sembrare che il content creator serva sempre di meno. Se infatti un modello di AI generativa è in grado di produrre articoli in pochi secondi, generare centinai di varianti per lo stesso copy pubblicitario o sfornare caroselli social su misura per ogni nicchia, allora perché si dovrebbe continuare a pagare un essere umano che produce di meno e in più tempo? Tocca pure aspettarlo!

Per non parlare delle rotture che ci sono sempre quando si delega qualcosa a qualcuno! Per far fare una modifica è sempre una lotta, vero? Perché il content creator non fa tutto quello che gli dico?!

Meglio un bot che fa tutto quello ordino allora… è anche gratis!

Velocità, convenienza e disponibilità: è davvero tutto qui?

I vantaggi in termini di velocità, convenienza economica e disponibilità dell’AI generativa sono innegabili: ma siamo sicuri che questi parametri siano tutto quello che serve per una comunicazione efficace? La risposta ovviamente è no.

Un contenuto funziona quando è rilevante per chi lo riceve. Quindi deve intercettare un bisogno latente e costruire fiducia. Dopo e mentre si costruisce fiducia , i contenuti arriveranno sempre a più persone. Saranno sempre più efficaci alimentandosi a vicenda, perché questa fiducia verrà trasmessa dagli utenti stessi attraverso le loro interazioni.

Una presenza costante sui social, che riempie i feed delle persone di contenuti di consumo asettici, genera più fastidio che fiducia. Questo lo abbiamo approfondito anche in questo articolo.

donna millenial annoiata xhe vede ombra umana tra conenuti asettici
Immagine generata con Gemini

L’assenza di confronto fa bene alla tua attività?

Quando hai un’attività, nessuno la conosce meglio di te. Quando vuoi comunicarla, questa tua conoscenza approfondita rischia di diventare un’arma a doppio taglio.

Infatti se ti manca la competenza tecnica e il tempo per studiare e comprendere le aspettative e le necessità dei tuoi target (quindi uscire fuori dalla tua bolla e iniziare ad ascoltare davvero gli utenti), rischi di non fornire loro contenuti che considerano di valore: il risultato?

Ti fai generare centinaia di contenuti dall’AI che danno alle persone un’idea parziale e distaccata di te. Hai risparmiato soldi, l’AI ha fatto tutto quello che hai chiesto tu e soprattutto non sei stato ai tempi di nessuno.

Ma hai sempre saputo cogliere, tra la quantità, la qualità del messaggio?

Questa differenza non può essere ignorata in nome del “tutto e subito”. Hai evitato il confronto e così ti sei aperto all’approssimazione, che non rende giustizia né a te né alla tua attività.

L’AI può elaborare strategie comunicative?

Un’AI generativa da sola, e in risposta a un prompt generico, sulla carta è capace di elaborarti una strategia comunicativa. Ma si limiterà a darti un piano da seguire… cosa che non è una vera strategia comunicativa. In realtà si tratta di un processo che evolve in base al contesto, ai feedback, agli insight continui che arrivano dal pubblico. Ed è qui che l’AI mostra molto limiti.

Un buon content creator strategico osserva, ascolta, riformula

Nota i dettagli, capisce quando un contenuto ha funzionato “nonostante tutto” e quando un altro – perfettamente ottimizzato – invece è passato inosservato. Così il content creator umano adatta il tono, riformula il messaggio e cambia l’ordine e la forma delle priorità. Diversamente da una macchina, che propone un’idea generica e meccanica di efficienza.

L’AI non si domanda perché

Un’AI multimodale può suggerire piani editoriali, distribuire contenuti in modo coerente e analizzare metriche. Ma non può domandarsi perché una community smetta di commentare, né intuire che un brand ha bisogno di riposizionarsi perché è cambiato il modo in cui è percepito. L’AI non conosce la pancia del pubblico. E quando si parla di comunicazione, un chilo di pancia pesa più di un chilo di cervello (?).

Una strategia comunicativa ha in sé dei valori che una macchina non ha

Una strategia comunicativa non nasce solo in base a decisioni tecniche. Non è mai neutra. Ogni decisione comunicativa porta con sé una visione del mondo e della fetta di società a cui si rivolge (o alla quale non si rivolge). Quindi è imbevuta di valori, che un’AI – anche se le viene chiesto di abbracciare – difficilmente incarnerà come fai tu. Darà l’impressione di assecondarti e adotterà soluzioni comunicative stereotipate, generiche, troppo prudenti, con la personalità di un tavolino.

personalità di un tavolino che parla content creator

Ma quindi L’AI può davvero sostituire i content creators?

Dipende. Se per “content creator” intendi:

  • chi produce contenuti in modo ripetitivo, automatico e generico,
  • chi non ci mette una forte impronta personale (e non si prende lo spazio per farlo),
  • chi non ha ruolo nella definizione strategica,

allora sì, possiamo dire che il content creator è a grosso rischio di essere sostituito non appena il suo cliente incosciente si renderà conto che riesce a fare le stesse cose con ChatGPT e gratis: gli basterà mettere un tirocinante o mettersi lui stesso un paio d’ore ogni tanto… e zac! Quei 500/600 euro che dà al mese al content creator se li risparmia per altro.

E finché non ci sbatterà il muso, avrà la giustificata percezione che il content creator ormai sia una spesa inutile.

Se invece parliamo di veri content creators che:

  • hanno ruolo nella creazione e nella ridefinizione dell’identità di un brand,
  • conoscono le nuove tecnologie e sfruttano queste conoscenze non solo per usare gli strumenti, ma per influenzare la percezione dei clienti con cui hanno rapporto di fiducia,
  • concepiscono e creano contenuti di valore reale e provato per il target desiderato,
  • guidano la comunicazione del brand al di là dell’esecuzione,

allora la musica cambia. E di brutto.

Il content creator può usare l’AI a suo vantaggio (se vuole)

Quindi invece che stare a preoccuparsi dell’AI e a vedere conflitti dove non ci sono, i content creators dovrebbero credere nelle loro capacità umane e comunicarle meglio che possono ai clienti, e dimostrare che vale la pena sceglierli.

Dovrebbero avere fede nelle proprie capacità tecniche con le quali, meglio di altri professionisti, sono in grado non solo di realizzare contenuti, ma anche di commissionarli… proprio all’intelligenza artificiale.

Il content creator ha l’opportunità di sviluppare competenze nella creazione di prompt adatti a massimizzare le generazioni dell’intelligenza artificiale. Ed è in grado di scegliere ciò che potrebbe essere valido e ridefinirlo con le sue competenze: in questo modo riesce a produrre di più sforzandosi di meno.

Avvicinandosi più al ruolo di coordinatore, di consulente e stratega invece di limitarsi all’esecuzione.

Il content creator ha le spalle coperte quando l’AI è inaffidabile… o quando non ci si vuole impegnare

Ci sono delle volte in cui non riusciamo a farci capire da un modello di AI generativa. Lo spremiamo, ci sbattiamo la testa per ore… ma niente: il risultato non ci soddisfa mai, neanche si avvicina a quello che dovrebbe essere. E questo accade spesso con la generazione dei video.

Si fa per ridere… ovviamente avrei potuto fare molto meglio, ma non mi ci volevo impegnare. Dall’altra parte un content creator, quando si accorge dei limiti contestuali dell’AI, potrebbe studiare meglio l’ingegneria dei prompt e approfondire con altri modelli invece di fare come me che ho cercato il più veloce e gratis e ci ho tenuto la filigrana. Oppure lo stesso content creator, può sempre prendere, uscire di casa e creare il contenuto col suo cellulare. Senza problemi, perché sa farlo. E si diverte pure.

E infatti ci sono occasioni in cui non ha proprio senso far entrare in campo l’AI

Non è che deve essere per forza usata in tutto perché è una novità potente. Pensa banalmente a contenuti di stampo documentaristico, anche se poi si declinano in reel e altri contenuti corti.

Chi è e cosa fa la persona che riprende, la distanza che decide di adottare e il suo rapporto con le persone che riprende, sono tutti fattori che determinano la qualità e il valore del contenuto per gli spettatori.

Quindi la minaccia è negli occhi di chi guarda per estremi e non si adatta

Al di là della propria idea sull’AI, qualsiasi professionista del digitale è chiamato ad apportare valori aggiunti che solo la sua persona e la sua rete può dare. Quindi, caro content creator: non avere paura di perdere il tuo lavoro per colpa dell’AI.

Caro cliente, che dovrebbe investire in un professionista

Invece di farti fare contenuti dall’AI che danno un’idea sbagliata della tua professionalità e diventano meme nelle pagine trash: non smettere di credere nel valore aggiunto che può portare un professionista umano per colpa della percezione sbagliata e limitata che ti è arrivata della sua professione. Guarda oltre.

Guarda alla collaborazione strategica che ci potresti stringere.

Pensa a come potrebbe migliorare la tua comunicazione e farti guadagnare a lungo termine.

Naturalmente il content creator deve essere un professionista competente, multidisciplinare e deve saper relazionarsi col cliente

Deve avere iniziativa e portargli un valore aggiunto, comunicando sempre quanto lo sforzo sia rapportato all’investimento. In altre parole se il content creator non si sente pagato abbastanza, fa di meno, ma lo fa di valore… anche usando l’AI per velocizzare, se di comune accordo.

Se è tutto chiaro, chi si ferma a frignare quando le cose non funzionano e cerca colpe all’esterno, piange lacrime di coccodrillo.

coccodrillo piange perché gli cade il ciuccio content creator

La colpa non è dello strumento. La colpa non esiste proprio.

Ci sono dei fatti da osservare.

La persona o l’azienda che utilizza l’AI al posto del content creator, lo fa perché non ha la percezione che il suo apporto sia più significativo di quello che può realizzare con l’AI e del ruolo di esecutore.

Se il content creator guardasse oltre la sua tariffa fissa e il modo di lavorare che ha oggi, può scoprire un mondo che non si fonda sulla tecnoutopia o distopia dell’AI. Ma su come agiamo sulla percezione della nostra offerta e come la possiamo adattare integrando gli strumenti quando vogliamo e sappiamo che servono.

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