Meta, la società madre di Facebook, Instagram e Threads, ha annunciato l’eliminazione del programma di fact-checking di terze parti negli Stati Uniti. Una scelta controversa, che divide gli utenti e l’opinione pubblica, suscitando preoccupazioni e abbandoni. Non a caso, infatti, basta dare un’occhiata alle piattaforme di analisi SEO per vedere schizzare il volume di ricerca su frasi come “eliminare account facebook” e simili.
Ma non tutti sono d’accordo che l’eliminazione del programma di fact-checking sia necessariamente un male. In effetti è un sistema che (comprensibilmente) ha dimostrato nel tempo imprecisioni e ambiguità. Queste hanno dato modo di avanzare critiche sulla politicizzazione e pregiudizi degli organi di controllo e verifica dei post: un sistema complesso e variegato, che adesso andremo a capire meglio come è strutturato e come funziona.
Come funzionava il programma di fact-checking di Meta negli USA
Il programma di fact-checking appena cestinato da Meta negli USA coinvolgeva oltre 90 organizzazioni indipendenti, operanti in più di 60 lingue. Queste valutavano e classificavano i contenuti sospetti secondo i seguenti parametri:
- Segnalazioni dagli utenti: alto numero di segnalazioni per falsità, inganno o inadeguatezza.
- Argomenti sensibili: come sanità, politica e teorie del complotto.
- Contraddizione con fonti affidabili: informazioni in disaccordo con dati ufficiali o istituzioni autorevoli.
- Immagini o video manipolati: uso di contenuti visivi alterati o fuori contesto.
- Fonti non credibili: provenienza da pagine o account noti per diffondere bufale o privi di affidabilità.
- Linguaggio sensazionalistico: titoli provocatori, affermazioni estreme o generalizzazioni prive di supporto.
- Diffusione virale: contenuti che si diffondono rapidamente e generano polarizzazione.
Quando un post presentava una o più di queste caratteristiche veniva etichettato come “Falso” o “Parzialmente Falso”. La sua visibilità quindi veniva ridotta, limitando l’impatto negativo sulle comunità virtuali. Venivano quindi poi applicate limitazioni anche alle condivisioni, fino ad arrivare a sanzioni per ripetute diffusioni. Infine si poteva anche procedere all’eliminazione in caso di contenuti che propagano discorsi di odio, istigazione alla violenza, truffe o danni fisici come ad esempio suggerimenti per cure mediche pericolose.
Questo sistema, benché efficace, è stato spesso criticato per presunti pregiudizi politici e per la mancanza di trasparenza nei criteri utilizzati per classificare i contenuti. La certezza è che la sua eliminazione lascia un vuoto significativo: come verrà riempito?
Il fact-checking su Meta negli USA adesso è in mano agli utenti… ma è davvero così?
Meta quindi ha deciso di adottare il sistema delle “Community Notes”. Questo modello di verifica dei post è già utilizzato da X (ex Twitter) e sappiamo che si basa su contributi diretti degli utenti, che possono aggiungere contesto o informazioni ai post considerati fuorvianti. L’idea di fondo è promuovere un approccio comunitario, in cui gli utenti stessi collaborano per garantire la qualità dell’informazione.
Ovviamente questo modello presenta molti problemi. Infatti non tutti gli utenti possono partecipare al processo di verifica attuale su Meta, ma solo quelli selezionati per attività sulla piattaforma, buona reputazione e alto punteggio basato sulla qualità e l’affidabilità dei contenuti. Il tutto, col supporto dell’intelligenza artificiale. Quindi da approccio inclusivo si rischia di cadere nel contrario: ovvero di cadere nell’ambiguità, nella politicizzazione e nella mistificazione. Senza organi esterni professionali e neutrali, si potrebbe incentivare la diffusione di informazioni parziali o manipolate, favorendo chi ha potere politico sulla piattaforma stessa.
Come sappiamo, infatti, oggi più che mai politica e corporate digitali sono connesse e interdipendenti. C’è quindi la concreta possibilità che questa mossa di Zuckeberg più che un “dono” agli utenti sia una deresponsabilizzazione e un lasciapassare della propaganda politica.
Al di là di congetture, però, stiamo offrendo questa prospettiva come una possibilità e un rischio, non come una certezza. Le certezze le vedremo nel tempo, monitorando la situazione cercandola di osservare nel modo più oggettivo possibile. Non mancheremo di tenervi aggiornati.
E in Italia?
Nel nostro paese il fact-checking è ancora a opera di partner locali come Pagella Politica e Facta News, ma se Meta decidesse di estendere l’accantonamento di queste attività in favore degli utenti, anche noi ci troveremmo di fronte a problematiche e criticità molto simili.
Per ora non si hanno certezze al riguardo. Anche qui staremmo a vedere e, a seconda di quello che accadrà, prenderemo le nostre decisioni. Decisioni che a quanto pare sembrano già si stiano prendendo qui in Italia sulla base di ciò che è successo negli USA: infatti, ripetiamo, piattaforme di analisi SEO come Ahrefs e Trends attestano che sempre più utenti cercano come cancellarsi da Facebook e quant’altro…
A quanto pare non c’è molta fiducia in generale sul grado di istruzione e sull’onestà intellettuale né degli utenti né delle piattaforme e né delle classi politiche.
Cosa ne pensi tu?