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L’intelligenza artificiale ha cambiato i social media

L’intelligenza artificiale ha ridefinito il modo in cui viviamo e interagiamo sui social media. Non si tratta solo di nuovi strumenti, ma di una trasformazione strutturale che ha cambiato le dinamiche di fruizione, condivisione e creazione dei contenuti. Una vera e propria rivoluzione che condiziona l’esperienza dell’utente e ridefinisce le strategie di marketing. Fattori che, a catena, apportano un’evoluzione della pubblicità creando nuovi paradigmi di narrazione pubblicitaria che vanno a influenzare direttamente il linguaggio e l’immaginario collettivo.

Quindi l’AI nei social media concretamente suggerisce contenuti personalizzati, modera automaticamente, crea interazioni, contenuti, e analizza dettagliatamente il comportamento digitale di milioni di utenti grazie alle capacità sempre migliori di elaborazione del linguaggio naturale e analisi di big data.

Questo, come ormai sappiamo fin troppo bene, solleva questioni complicate riguardo la regolamentazione del web e la privacy.

device incatenati sicurezza social media

L’AI è integrata negli algoritmi dei social media

Gli algoritmi dei social media oggi si basano sempre più sull’intelligenza artificiale.  Attraverso tecnologie di machine learning, queste piattaforme analizzano ogni interazione degli utenti, come i “mi piace”, i commenti e i tempi di visualizzazione. In questo modo si per costruiscono feed personalizzati.

Tuttavia, questa personalizzazione non è priva di rischi. Perciò la sicurezza del web dovrebbe adeguarsi a protezione degli utenti e del valore dell’ambiente digitale offerto dai social media.  La creazione delle “bolle di filtraggio” infatti può limitare l’esposizione a opinioni e informazioni diverse, contribuendo alla polarizzazione delle idee. Secondo un approfondimento di La Repubblica, queste dinamiche hanno giocato un ruolo significativo nel rafforzare divisioni politiche e sociali in eventi globali recenti.

Inoltre, la trasparenza degli algoritmi è spesso un punto critico. Le piattaforme non sempre spiegano come vengano scelti i contenuti, lasciando gli utenti all’oscuro dei meccanismi sottostanti. Meta ha dichiarato di voler migliorare questa trasparenza, ma in seguito all’eliminazione del fact-checking di terze parti negli Stati Uniti ci lascia seriamente perplessi riguardo questa volontà.

Creazione e moderazione dei contenuti sui social media con l’AI

Oltre a suggerirli, L’AI crea contenuti e li gestisce. Strumenti avanzati, come i modelli di intelligenza artificiale generativa, permettono di sviluppare immagini, video e testi di qualità elevata in modo automatico. Meta, ad esempio, ha iniziato a introdurre avatar virtuali capaci di interagire con gli utenti in maniera realistica, arricchendo le esperienze online. Tuttavia, questi sviluppi sollevano domande sull’autenticità dei contenuti e sul valore delle interazioni umane.

Parallelamente, l’AI è diventata moderatrice dei contenuti. Piattaforme come Instagram e TikTok utilizzano sistemi avanzati per identificare e rimuovere post offensivi, spam o fake news, monitorando miliardi di dati ogni giorno.

Come riportato da Il Sole 24 Ore, teoricamente questa automazione dovrebbe migliorare la sicurezza in maniera imparziale e riducendo il carico di lavoro umano… ma non è esente da errori, anzi. I sistemi non mancano di bias e possono facilmente interpretare erroneamente alcuni contenuti, eliminando post legittimi o, al contrario, lasciando circolare materiale problematico.

IA nel social media marketing

Grazie alla crescente efficienza dell’AI nell’analisi e nell’interpretazione di una sorprendente mole di dati personali, le aziende (ma anche i liberi professionisti) possono capire meglio il proprio pubblico e ottimizzare le campagne pubblicitarie. Le piattaforme dei social media quindi analizzano interessi, comportamenti e interazioni per targettizzare annunci con una precisione mai vista prima. E ricorda che tramite il proprio profilo social si può accedere ad app e altri servizi digitali esterni.

Anche questa iper-personalizzazione solleva preoccupazioni. E qui ritorniamo ai famosi e critici bias, che portano le AI a interpretare male le tendenze personali etichettando le persone in maniera asettica, generica, applicando meccanismi discriminatori di natura razziale e di genere.

Il motivo è da cercare negli errori che possono avvenire nel complicato processo di addestramento delle intelligenze artificiali.

Quindi, prima di lasciarci sedurre dai vantaggi proposti da queste soluzioni tecnologiche, dovremmo informarci approfonditamente e fare molta attenzione a cosa effettivamente ci viene consigliato. Se sei dietro le quinte (come noi) devi a maggior ragione osservare in maniera altamente critica i frutti delle analisi che prendi in considerazione.

La posta in gioco, al di là di guadagni individuali limitati al breve termine, è un impatto culturale e psicologico significativo.

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Questioni di privacy e sicurezza dei dati: cosa si può fare per evitare i rischi peggiori?

E qui arriviamo al vulnerabile cuore della questione: l’adozione dell’intelligenza artificiale nei social media, sebbene sulla carta sembri garantire vantaggi in termine di ottimizzazione, personalizzazione, efficienza e risparmio di tempo ed energie, comporta una raccolta massiva di dati personali. Raccolta a tutto spiano che centralizza sempre di più il web, rischiando seriamente di compromettere la nostra libertà di espressione, la nostra privacy, la nostra sicurezza e di neutralizzare quindi i suddetti vantaggi. Neutralizzarli, ovviamente, in maniera sottile… perché in superficie rimane il risparmio di tempo, rimane un’apparente efficienza, ma qual è il prezzo? E, soprattutto, le attuali regolamentazioni come il GDPR e il Digital Service Act, riescono a tenere il passo?

Le risposte per adesso sono tutt’altro che incoraggianti. Quello che possiamo fare, per ora, è cercare di esporci il meno possibile e di informarci per prendere tutti gli accorgimenti necessari. In questo modo potremo riuscire a osservare con occhio critico e attento la dinamica evitando di rimanere compromessi. Al di là dei rischi e delle preoccupazioni, però, rimane sempre il fatto che nessuno ci costringe a rimanere sui social, ad accettare i primi suggerimenti che ci vengono proposti e a concedere i nostri dati a destra e a manca senza neanche leggere termini e condizioni o impostare la cessione di quella o quell’altra branca di dati. Quasi sempre, infatti, è possibile decidere di fornire solo alcune categorie di dati, solo ad alcune aziende.

Quindi, come sempre, la conoscenza rimane lo strumento migliore che abbiamo a disposizione.

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