Farsi aiutare dall’AI per generare contenuti scritti, grafici audio e video, ormai è una tendenza che hanno preso tantissimi professionisti del digitale. Allora è normale, ormai, che il web sia pieno di contenuti generati da un modello di intelligenza artificiale. Ma li vediamo anche nei cartelli pubblicitari nelle nostre città o nelle locandine di eventi affisse ai muri. Quindi dell’AI se ne possono fare diversi utilizzi e in diversi gradi. Così cambiano i contenuti generati, la loro rielaborazione e la percezione che ne hanno le persone, i motori di ricerca e i detector.
Tocca dunque capire il ruolo che ha l’umano nelle generazione di contenuti con AI e il loro scopo, per determinare se funzionano o no.
Il ruolo del prompt e della rielaborazione umana nei contenuti generati con l’AI
Qualsiasi contenuto generi un’AI dipende dal suo database, dalle sue capacità e dal prompt che tu dai. Quindi il nostro comando, generato 100% umanamente, è fondamentale per andare a pescare da un database miliardario proprio quello che vogliamo e stimolare azioni che valorizzino le capacità dell’AI.
Delegare troppo all’AI a volte non paga…
Chiunque può andare su ChatGPT e scrivere: fammi un articolo sui viaggi in Sudamerica.
Il risultato diffuso senza elaborazione umana però sarà un articolo meccanico, asettico e banale. Sarà percepito dalle persone come poco interessante e chi ha occhio capirà che è generato dall’intelligenza artificiale. Per la sua bassa qualità i motori di ricerca lo riserveranno alle ultime posizioni e gli AI detector vari lo analizzeranno come contenuto artificiale. Guarda l’esempio di un paragrafo che è uscito fuori da quel prompt:
Non c’è nulla che ci indichi precisamente come è possibile esplorare le comunità indigene dell’Ecuador per scoprire antichi rituali e costumi tramandati per secoli. Neanche suggerisce da dove partire per farlo. È un’informazione imprecisa e fine a sé stessa. Così come è banale e vago il riferimento al tango.
In questo caso parliamo di un contenuto generato dall’AI che non funziona allo scopo di interessare le persone e piazzarsi su Google. Perché è stato lasciato tutto in mano a un’AI sfruttata al minimo delle sue potenzialità.
… ma a volte ci può bastare
D’altra parte, in un team che sviluppa videogiochi, al responsabile marketing potrebbe venire l’idea di un personaggio. Quindi va su DALL-E e scrive questo prompt: Disegna, in stile pixelato vintage, un umano con la testa da cane che indossa un cappello da mago.
È molto chiaro, no? Per scrivere un prompt così non ci vogliono conoscenze particolari. Lo scopo del responsabile di marketing nel team che produce videogame è di mostrare una sua idea velocemente e chiaramente. Quindi parliamo di un contenuto generato dall’AI che funziona a questo scopo preciso.
Poi il risultato potrà convincere o meno chi disegna i personaggi del videogioco. Potrà essere usata come base per disegnare lo stesso personaggio in altri stili o per caratterizzarlo meglio. Oppure potrà essere riprodotto identico. Queste scelte influiranno dopo sulla qualità del contenuto in termini di funzionamento.
I contenuti generati dall’AI funzionano se l’umano dà buoni prompt e rielabora
Riprendiamo l’esempio iniziale da un altro punto di vista.
Un copywriter deve fare un articolo sui viaggi in Sudamerica senza conoscere nulla dell’argomento. Invece di passare ore su Google a cercare e incrociare risultati, comanda all’AI gradualmente le informazioni che gli interessano. Poi si fa dare le fonti, le controlla e comanda all’AI di fare ulteriori verifiche per evitare di diffondere informazioni banali o false. Una volta che ha tutte le informazioni, le seleziona e le approfondisce per strutturare paragrafi e scrivere con il suo stile, praticando la sua esperienza, rivolgendosi a un pubblico preciso e dando voce al committente che lo ha ingaggiato.
In questo caso diventano indistinguibili per le persone, i detector e i motori di ricerca i frutti dell’AI e quelli della mano, della vena, della conoscenza e del ragionamento umano.
Con il risultato che il contenuto generato appare umano a tutti e originale… nonostante sia considerabile un ibrido.
Perché l’umano ha dato il comando e ha rielaborato, ma lo ha fatto su una base artificiale. Anche se può fare tante domande e richiedere all’infinito risposte migliori e più specifiche, si affida all’elaborazione di un modello di intelligenza artificiale. Sia in termini di limiti che di possibilità.
Quindi un contenuto generato con l’AI funziona davvero se parte da buoni prompt, se selezionato e rielaborato con umanità. Anche a prescindere da quanto sia potente il modello di intelligenza artificiale.
Ma attenzione all’appiattimento degli standard
I modelli di AI si evolvono velocemente. In alcuni casi i contenuti generati scritti, grafici e audiovisivi, sono fatti così bene che bastano i prompt per avere ottimi risultati diffondibili. Ma la concezione di cosa sia un ottimo risultato è così sfaccettata che si rischia spesso un appiattimento degli standard.
Anche un’immagine del genere potrebbe essere ritenuta buona per com’è:
Genera locandina evento sagra della porchetta di ariccia 2024.
Questo risultato al primo tentativo, a qualcuno potrebbe sembrare disegnato a mano o al pc. Soprattutto a chi conosce pochissimo l’AI e la grafica. Quindi, magari, stiamo parlando di una signora di 75 anni. Alcuni dettagli strani come i petali del fiore arancione e la forma del tagliere, potrebbe non notarli. L’errore nella scritta ADI ARICCIA, le potrebbe sembrare un refuso e ai suoi occhi potrebbero sembrare asini quelli che hanno diffuso questa locandina. Oppure potrebbe non farci caso e passare direttamente al senso, che è chiaro, anche inconsciamente.
Un esempio del genere, anche se a te potrà sembrare inadatto, a molti fruitori basterebbe allo scopo. Quindi per alcuni questo contenuto generato dall’AI potrebbe funzionare. Chi diffonde la locandina ci guadagna in tempo e denaro speso… e sono tutti contenti.
Questo è un potenziale rischio per tutti, oltre che per i professionisti.
Il rischio delle AI che addestrano altre AI
Allo stesso modo della locandina, potrebbero sembrare umani e bastare alle persone anche contenuti scritti generati con modelli di AI avanzati in seguito a prompt neanche così strutturati. E questo già accade con le fake news, con articoli spammati in giro o con i bot che interagiscono nei social.
Questo materiale, più si diffonde, più riempie i database delle intelligenze artificiali che generano i contenuti. Quindi la proporzione dei dati da cui l’AI attinge, rischia di non essere più prevalentemente di fonte umana. Quindi non si ispirerà più maggiormente a quadri, disegni, articoli, video, voci… ma le loro precedenti e numerose elaborazioni artificiali.
AI che addestrano AI, in un caos che diventa uno stagno informativo.
Se questo avverrà o no dipenderà dai professionisti, che devono occuparsi di non rendere artificiale i loro lavori. Dipenderà anche dai committenti, che devono sapere distinguere e apprezzare la qualità e il potenziale di un contenuto che funziona. E dipenderà anche dalle persone, che sono chiamate tutte a saper distinguere i contenuti generati con l’AI… o almeno a saperlo verificare.